domenica 24 febbraio 2008

Salvatore MELIS - DIECI ANNI DI IMPEGNO


Con vero piacere saluto questa iniziativa che testimonia i dieci anni di presenza culturale attiva dell’Associazione Rainbow e della Galleria G28 nel campo delle arti figurative a Cagliari e non solo.
È la dimostrazione di come sia ancora vivo e fecondo quell’impegno e quella impostazione metodologica rivolta all’ascolto delle dinamiche artistiche contemporanee che ne avevano determinato la nascita; l’associazione è infatti nata come un progetto di attività in continuo divenire e sempre aperta alle migliori sollecitazioni, ai contributi e ai confronti con gli artisti sia sardi che d’oltre mare. Da qui il nome: Rainbow - Progetto Aperto. Un sano pragmatismo, infine, congiunto ad una radicata passione per l’arte e ad una forte generosità (intesa non nell’accezione religiosa ma in quella etica, dell’impegno sociale) ha fatto di Rainbow un punto di riferimento autorevole nel panorama delle associazioni culturali isolane. Tutto questo è stato possibile soprattutto grazie alla generosità di Italo, Assunta e Gianni che in questi anni, nel “piccolo”, sono riusciti a fare grandi cose.
A Rainbow , di cui mi onoro di essere stato il primo presidente, porgo l’augurio a mantenere vivo l’impegno artistico e a contribuire alla formazione intellettuale e morale dei cittadini nel segno del progresso e della pace.
Testo di Salvatore
MELIS

Placido CHERCHI - LA SOMMA E IL RESTO


La città avrebbe dovuto prestare più attenzione al nucleo di proposte fatte, nel tempo, dalla
Associazione “ R. Progetto Aperto”.
Tanto a quelle che si configuravano come mostre spazi espositivi della G28, quanto a quelle,
meno formali, che ne sostenevano a latere il senso. Mi riferisco, evidentemente, a quelle che avevano luogo nel “Ridotto”, messe in crisi, come è noto, dalla altalenante latitanza del pubblico e dalla sbadigliante non chalance di molti addetti ai lavori.
Si era sperato di far nascere un luogo di incontri sistematici, di microeventi significativi, di stimoli strategicamente orientati. Ma si è dovuto, a poco a poco, recedere. Entrando in una prospettiva di pausa che rischia di essere più lunga di una chiusura definitiva.
Eppure, il bilancio, su entrambi i fronti, è ben lontano dal poter essere considerato fallimentare.
Le rassegne pensate dalla G28 hanno aperto il varco a forme di esplorazione del panorama artistico (sardo e no) abbastanza diverse da quelle che entrano nella maggior parte delle cose programmate da altri spazi espositivi. Si pensi all’insistenza sul “piccolo formato” o alla ricorrente attenzione ai sommersi di qualità. Ma si pensi anche alla collana “Stagioni”, che ha tentato di fermare qualche passaggio importante e di proporre qualcosa di diverso dal solito catalogo. Inseguendo traiettorie linguistico-espressive non di tendenza, ma liberamente aperte alle dialettiche della mediazione, la logica delle proposte obbediva sempre a un disegno strategico lontanissimo dalla banalità e dalle soluzioni scontate. Sarebbe difficile sottovalutare il coraggio innovativo dell’insieme e l’intelligenza delle scelte di volta in volta operate.
Se poi si aggiunge che tutto questo fare non ha mai contato sul sostegno pubblico, né ha mai imposto pedaggi agli artisti ospitati, diventa ancora più ragionato il rammarico per i silenzi lamentati in alto.
Testo di Placido CHERCHI

Maria SPISSU NILSON - DECENNALE


Infaticabili organizzatori, pittori, installatori e animatori della vita artistica a Cagliari ma non solo, Gianni Atzeni e Italo Medda hanno raggiunto e festeggiano dieci anni di intensa attività nella loro Associazione Culturale R. Progetto Aperto – galleria G 28 – notissimo luogo d’incontro per artisti e intellettuali.
Sembra un’ovvietà dirlo: non è facile muoversi fra le turbolenze e le acque poco tranquille dell’ambiente artistico isolano e cagliaritano in particolare, ma loro riescono a farlo con una notevole leggerezza esorcizzando le previsioni di un artista che, all’apertura dello spazio, disse: “Chi ve lo fa fare; vi farete un sacco di nemici”.
A scorrere l’elenco di nomi che figurano in questa mostra solo di nome celebrativa, e a scorrere anche tutte le iniziative portate avanti con fervore raccogliendo adesioni e consensi, i nemici non si vedono o forse sono molto lontani, nascosti tra le nebbie di malcelate invidie. Le iniziative che si sono avvicendate sono tante e di prestigio ed hanno visto i nomi della maggior parte degli artisti isolani, senza paletti di correnti o anagrafici, senza inseguire il trend di giovanilismi artistici sospetti; se un artista è bravo, se ha qualcosa di nuovo da dire nel campo delle arti visive, viene accolto e valorizzato, senza chiederne la carta d’identità per vedere se è giovane abbastanza da diventare carne da macello del “sistema arte” che guarda all’età anziché alla bravura. Questa è la logica che portano avanti i due artisti animatori dell’Associazione, e sembra essere una logica vincente. Si devono alla G28 nuove scoperte, nuovi confronti ed un’attività parallela alle mostre che vede molti intellettuali sardi confrontarsi e produrre cultura e dio sa se di questo c’è bisogno.
L’augurio è che in tempi di disperata resistenza, cercando di non affogare nella melma che sembra avanzare inesorabilmente, l’Associazione si faccia sempre più carico di mantenere la rotta della dignità, del valore e della bellezza nell’arte e nella cultura.
Testo di Maria SPISSU NILSON

Raffaella VENTURI - DIECI ANNI FATTIVI

Una galleria sopra una scuola di danza, sopra un teatro, piccolo, “ridotto”, ma fascinoso. La scala della palazzina primi Novecento collega questi tre livelli, che dialogano, in qualche modo, anche se fra i tutù rosa delle bambine e le convulsioni pittoriche di certi artisti sembra esserci un abisso. Invece, dentro Palazzo Marini di via Ada Negri, a Cagliari, tutto si amalgama e si intreccia, fra Assunta Pittaluga, storica maestra di danza, e Italo Medda, artista-gallerista con un’inossidabile vocazione di promotore artistico. Così da dieci anni, con la sua G28 e l’Associazione Rainbow-Progetto Aperto, e assieme al presidente di questa, Gianni Atzeni, Italo concepisce, progetta, cura e fabbrica cataloghi, convoca, convince. Convince, sì, perché al di là delle valutazioni che si possono dare mostra per mostra, resta che dal ’96 questo direttore artistico si assume il rischio delle scommesse della propria programmazione, spesso affatto facile e prevedibile ma più orientata verso scelte di nicchia, come per tutto il filone della Mail-Art, o per quello dei libri d’artista – di cui Italo Medda è esponente di spicco -, realtà dell’arte contemporanea ormai storicizzate ma sempre un po’ snobbate. Le proposte hanno fino adesso spaziato fra ambiti diversi, dall’incisione alla grafica, dalla pittura alla tecnica mista, divenendo, alcune, rassegne di largo interesse e confronto: fra queste, Piccolo formato, Dialettica degli opposti, Di segni & di sogni, Paesaggi. Il comune denominatore è l’attenzione e la cura con le quali ogni mostra è presentata, ciascuna con un piccolo catalogo (edito da Lithosgrafiche o Zonza Editori) spesso rifinito artigianalmente dallo stesso Italo e dai suoi accoliti.
Così come goccia scava sasso, in questi dieci anni la G28 ha costruito, nello scenario artistico, un po’ letargico, della città, una sua peculiare identità, sia per la proposta culturale sia anche per l’originale “packaging” (esemplare questo stesso catalogo, astutamente concepito per donare a ciascun fruitore un originale d’artista). Tutto questo fermento accade dentro due stanze con antichi pavimenti di cemento, collegate da uno stretto corridoio, nelle quali sempre si trova, ad accogliere il visitatore, Italo, una nuvoletta di fumo e tanta disponibilità al conversare illustrando, generoso ospite con una naturale disposizione all’intrattenimento sulle cose d’arte. E non solo.
Testo di Raffaella VENTURI

Maria Dolores PICCIAU - ARTE IN ITINERE

"L’arte è pausa meditativa, estasi poetica" - ama spesso dire Italo Medda, e in fondo lo spazio della galleria G28 che l’artista dirige ormai da anni, come promotore culturale, insieme ad Assunta Pittaluga e Gianni Atzeni, ne è emblematica conferma. Più che una galleria, è un salotto in cui da anni vengono esposti progetti ambiziosi sull’arte contemporanea, grazie al supporto del Ridotto, lo spazio polivalente, teatro di tanti incontri sulla cultura ad ampio spettro. Non bisogna pensare però a uno spazio freddo e austero, ma a un luogo di incontro, scambio, discussione continua. Una fiamma vivida in una città sonnolenta in cui peraltro proliferano a dismisura gli spazi espositivi. L’idea di base della G28 è stata infatti sin dal principio quella di incentivare le occasioni di dibattito culturale in una città in cui i fermenti andrebbero opportunamente filtrati e interpretati e semmai sostenuti e incoraggiati. Come in questo caso. La G28 infatti negli anni è stata capace di esplorare settori non canonici dell’arte contemporanea, nel tentativo di trovare un raccordo, interrelazioni dialettiche fra linguaggi apparentemente distanti. E tante sono le sfide lanciate nel corso degli anni: dalle opere in piccolo formato su tema libero, cui hanno partecipato molti artisti, per sperimentare il rapporto non facile delle piccole dimensioni, che costringono ad esprimersi in “termini minimi”, sino alle mostre monografiche. Come C’arte d’autore o Esercizi d’ammirazione mostre dedicate all’opera di Italo Medda, vale a dire esempi di progetti capaci di tracciare percorsi, di spingere ad autointerrogarsi sulle nuove forme del comunicare e i nuovi archetipi delle rappresentazioni contaminate.
Comunque sia, i progetti proposti hanno sempre puntato sulla qualità, mai niente di mitografico o folklorico, banale o scontato. L’etnografia è poetica del compiuto, mentre i linguaggi dell’innovazione e della sperimentazione sono snodi provvisori, spazi a volte estranianti di progettualità in itinere, proiezioni teoretiche che esplorano i labili confini del disincanto.
A dimostrazione che l’arte non può ridursi a riproporre pedissequamente gli stilemi della mitografia, immagini della subalternità come processioni, launeddas, paesaggi spettrali senza alcuna prospettiva di reinterpretazione.
La sfida è partita e alla G28 non resta che continuare perché l’arte sia espressione di un circuito più ampio e sia specchio di una realtà variegata, caleidoscopica. Arte in cui riconoscersi o da cui distinguersi. Arte, in ogni caso, come poetica critica di strutture pietrificate.
Testo di Maria Dolores
PICCIAU

Mauro MANUNZA - DIECI ANNI IMPORTANTI

Quando dieci anni fa, sommessamente, la G28 aprì una nuova finestra sul panorama artistico cagliaritano, forse non furono in molti a scommettere che quella proposta di appuntamenti periodici avrebbe rappresentato un’operazione culturale di lungo e autorevole respiro in un contesto tanto vitale quanto affollato di iniziative e spazi. In realtà, la galleria di via Ada Negri puntava a qualcosa di diverso rispetto alle semplici esigenze di mercato o ad una pur competente presenza documentaria nella ricerca artistica contemporanea in costante evoluzione.
Il bilancio che si può formulare in questo primo traguardo decennale conferma gli ambiziosi – non traditi – obiettivi di partenza: porsi come centro energetico di proposte d’attualità, puntare sulle tendenze che vanno affermandosi e su quelle appena emergenti, svelare le soggettività faticosamente intente a costruire un linguaggio, dar luogo a confronti dialettici, comparare orientamenti diversi, accostare personalità di collaudata fisionomia ad artisti d’inedito approccio, stimolare fresche letture critiche, favorire lo scambio d’opinioni e visioni, alimentare il dibattito fra artisti, critici, galleristi, avvicinare e coinvolgere il pubblico: quello esperto e maturo, quello meno preparato e diffidente, quello comunque curioso. Estendere interesse, allargare cognizioni e competenze. Suscitare polemica, inquietare coscienze, promuovere grinta intellettuale. E quindi, sì: smuovere le acque stagnanti del mercato. Il G28 non è soltanto un luogo vetrinistico, è uno spazio di proposta e produzione, laboratorio scientifico di microcosmi che impone prestigio nel macrocosmo artistico regionale.
Testo di Mauro MANUNZA

Alessandra MENESINI - SCRIPTA MANENT


Hanno una memoria di carta, le mostre. La affidano ai libretti di sala, che nelle arti visive si chiamano cataloghi. Ovvero i testimoni resistenti dei volatili giorni d’entusiasmo e fatica che stanno dietro ad ogni allestimento e ad ogni vernissage. Compie 10 anni, la G28 Gallery. Una storia espositiva che si può ripercorrere anche attraverso i bei cataloghi che ne hanno segnato le tappe. Caratterizzati da un intervento d’autore, oggetti d’ingegno essi stessi. Sottili, preferibilmente quadrati e rifiniti rigorosamente a mano, sono da conservare e sfogliare, per un rapido riassunto d’artisti, testi, foto, date. Portano spesso in copertina un lacerto di carta strappata, in un doppio paziente lavoro di collage e decollage. Alcuni, i più austeri, vestono un semplice cartoncino nero ma ci sono quelli legati con cordini sigillati con ceralacca, quelli ritagliati a forma di colomba, con i colori veri di una tavolozza fornita di pennello, oppure forati, a sorpresa, dall’ombra di una mezzaluna nera. Altri ancora nascondono all’interno un’operina di minuscole dimensioni, un pezzo unico, in formato 5x5 ( centimetri). I più eleganti, per accordarsi alla grazia liberty di un palazzo che è anche -soprattutto- una scuola di danza, indossano un fiocchetto rosso su bianchi sparati da sera.
Testo di Alessandra
MENESINI