domenica 24 febbraio 2008

Giorgia ATZENI - AD MAIORA

Ad maiora.
Cagliari è una città che conta ormai un discreto numero di spazi per artisti “alternativi” a quelli ufficiali. Il fenomeno degli eventi espositivi collocati in spazi non convenzionali ha ormai una sua storia che, a rigore, potrebbe iniziare con il celebre Armory Show del 1913 – allestito a New York nei locali dell'armeria del 69° reggimento dell'esercito sulla 25^ Strada. Ed è più o meno da quel periodo che l'arte d'avanguardia, in modo perlopiù effimero e provocatorio, si è proiettata “fuori” dagli spazi ufficiali – musei, salons – ed ha anzi fatto di questo essere fuori una qualità centrale del proprio operare artistico. L’ideale è quello di “un'arte che esce dai luoghi dell'arte” ed entra nei luoghi della vita, negli spazi urbani, alla ricerca di una maggiore possibilità di contatti, andando incontro alla gente che non frequenta né Musei né Centri Comunali per l’Arte e la Cultura, per un processo naturale ed inevitabile di sconfinamento in ambiti sempre meno specifici e vincolanti . Un “essere fuori” che nella nostra “piccola isola cittadina” si compiace di “essere dentro” situazioni alternative o non convenzionali in sordina - meno clamorose, poco collettive, popolari e urbane rispetto a quelle osservabili nel resto d’Europa. Di fatto, però, esiste e r-esiste l’impegno di coraggiosissimi operatori culturali, appassionati d’arte (e chi ne ha più ne metta) che investono il proprio tempo e strutture per sostenere la cultura visiva locale o favorire il confronto con ambiti extra-isolani. Per una sorta di “diritto di esposizione” spesso sono gli stessi artisti a spendere le proprie energie nell’organizzazione di eventi o mostre d’arte che, programmate con rigore, onestà intellettuale e buoni propositi, si distinguono per originalità d’intenti e qualità. Insomma non mancano gli “spacciatori d'arte” che riescono ad essere fantasiosi quasi quanto gli artisti nell'inventarsi ogni sorta di mostra; per quanto inutile possa sembrare a chi considera l’arte come un passatempo, proprio oggi in cui è il mercato a fare di un individuo un artista (soprattutto nel caso di processi creativi non altrimenti verificabili il mercato diventa la prova, la cartina al tornasole, ahimé, della qualità stessa dell’opera). Ed ecco i luoghi anomali o inconsueti. Ultimamente nascono come funghi piccole gallerie dentro i laboratori d’artista, nei locali notturni alla moda, nei vecchi cinema, negli appartamenti, nei negozi del centro; ma da tempo ce n’è una che trova ospitalità dentro una storica Scuola di danza: la Galleria G28, che festeggia con orgoglio i suoi dieci anni di attività. Non è cosa di poco conto. Infatti sebbene si moltiplichino i vernissages, sebbene si accresca il numero degli artisti e degli aspiranti tali (che espongono ora qui ora lì), non sempre queste realtà hanno lunga vita. Festeggiare dieci anni di operosità è un grosso traguardo, soprattutto se si considera l’impegno profuso dall’Associazione Rainbow P. A. nel creare sinergie e confronto tra artisti locali e nazionali, nel lanciare sfide creative finalizzate alla produzione di libri-opera mai visti o capolavori di piccolo formato. Fantasia e capacità inventiva possono fare molto per rinnovare alla radice il modo in cui l’arte viene proposta al pubblico. Sebbene le mostre invadano lo stivale e i mostri (quelli creati dal sonno dell’arte) vaghino per la città, c’è ancora gente che lavora seriamente e questo va detto.
Ad maiora.
Testo di Giorgia ATZENI

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